Fermare le emozioni
Articolo pubblicato sulla rivista Fotografare - Novembre 2016
Fotografare un paesaggio è come “dialogare” in modo intimo e profondo con la Natura, è una sorta di ricerca spirituale. Una immagine ben riuscita, è la magica alchimia, il delicato equilibrio di numerosi elementi e si realizza solo quando il fotografo e la Natura raggiungono una perfetta simbiosi, in uno stato di completa empatia. Ho sempre considerato la fotografia il riflesso incondizionato dell’anima. Con la fotografia possiamo fermare e fissare le emozioni, gli stati d’animo, registrare e prolungare nel tempo i ricordi attraverso un attimo che diventa eterno.
Tutte queste riflessioni sono diventate il punto di partenza di un progetto fotografico che ho avviato qualche anno fa e intitolato “Fermare le emozioni”: la fotografia intesa come mezzo espressivo per interpretare la realtà partendo da un’idea, per comunicare una visione attraverso il coinvolgimento emotivo e il gusto estetico.
Prediligo senza dubbio gli ambienti montani, tra questi le Dolomiti che ho percorso, vissuto e respirato fin da piccolo insieme ai miei genitori, grandi appassionati di alpinismo. Fotografo prevalentemente all’alba e al tramonto, quando la luce calda, bassa e radente “accende” i paesaggi e modella le forme e i volumi; meglio ancora i momenti crepuscolari, ancora più intensi e affascinanti, perchè le cromie diventano più delicate e sfumate avvolgendo il paesaggio di un aura intima, quasi magica.
Sono poi affascinato dal mutare delle stagioni e delle condizioni meteo. Se si preannunciano nebbie e alta pressione, mi precipito fuori di casa pronto a scattare. Adoro le nebbie, soffici, ovattate, che modificano e trasfigurano il circostante, plasmano le atmosfere. Il paesaggio diventa più misterioso, sfumato, magico quasi surreale. Ne è un esempio “The soul of the river”, un’immagine che ritrae l’Adda al primo mattino, uno scatto che mi ha regalato molte soddisfazione e anche qualche interessante riconoscimento. Le nebbie, catturate con un tempo di esposizione lungo, sembrano quasi esondare, come acqua, dalle sponde del fiume, inondare la vasta piana circostante, avvolgere le forme contorte degli alberi e degli arbusti. E anche il tempo ora sembra scorrere in modo diverso, calmo, quasi pigro, scandito dal ritmo del lento e sinuoso incedere della bruma.
La ricerca della luce e delle migliori condizioni atmosferiche per rappresentare il paesaggio secondo la visione personale del fotografo è essenziale.
La pianificazione dell’uscita fotografica gioca un ruolo fondamentale per la riuscita dello scatto. Mi documento sulle locations, sui periodi migliori dell’anno per fotografare certi luoghi. In rete sono reperibili alcuni programmi gratuiti che permettono di conoscere gli orari precisi di alba e tramonto e valutare come varia la luce nell’arco della giornata e nei vari periodi dell’anno. Studio con attenzione le condizioni meteo, in particolare la copertura nuvolosa e i venti in quota. Tutto questo mi permette di aumentare le probabilità di successo, anche se variazioni locali e repentine non sono mai da escludere.
Entrando nel merito tecnico degli scatti, durante la ripresa l’uso di un solido treppiede (abbinato ad uno scatto remoto) diventa quasi indispensabile per ottenere immagini nitide e permette inoltre di concentrarsi più attentamente sugli elementi compositivi. Presto molta attenzione al punto di ripresa, al ritaglio dell’inquadratura, in modo da avere una composizione pulita ed equilibrata. Fondamentale la scelta e la cura del primo piano specie con ottiche grandangolari per enfatizzare la prospettiva. Cerco di ottimizzare la fase di scatto per avere la massima gamma dinamica e una immagine pulita, quasi priva di rumore: sensibilità impostata a 100iso, stile colori neutro, contrasto/saturazione al minimo, nessuna riduzione del rumore, salvataggio in RAW. Spesso, all’alba e tramonto sottoespongo di mezzo stop per preservare le alte luci, in altre situazioni più bilanciate espongo con istogramma a dx per catturare più informazioni. Non ricorro mai ad esposizioni multiple, preferisco riprendere la scena con un unico scatto, compensando all’occorrenza l’esposizione con filtri graduati.
Per quanto riguarda infine lo sviluppo in camera chiara, applico interventi finalizzati per lo più alla valorizzazione dello scatto. Ritengo infatti che le immagini debbano essere realizzate sul campo e non “costruite” al PC, perché lo spettacolo e le emozioni sono là fuori e ci aspettano ogni giorno!
Tutte queste riflessioni sono diventate il punto di partenza di un progetto fotografico che ho avviato qualche anno fa e intitolato “Fermare le emozioni”: la fotografia intesa come mezzo espressivo per interpretare la realtà partendo da un’idea, per comunicare una visione attraverso il coinvolgimento emotivo e il gusto estetico.
Prediligo senza dubbio gli ambienti montani, tra questi le Dolomiti che ho percorso, vissuto e respirato fin da piccolo insieme ai miei genitori, grandi appassionati di alpinismo. Fotografo prevalentemente all’alba e al tramonto, quando la luce calda, bassa e radente “accende” i paesaggi e modella le forme e i volumi; meglio ancora i momenti crepuscolari, ancora più intensi e affascinanti, perchè le cromie diventano più delicate e sfumate avvolgendo il paesaggio di un aura intima, quasi magica.
Sono poi affascinato dal mutare delle stagioni e delle condizioni meteo. Se si preannunciano nebbie e alta pressione, mi precipito fuori di casa pronto a scattare. Adoro le nebbie, soffici, ovattate, che modificano e trasfigurano il circostante, plasmano le atmosfere. Il paesaggio diventa più misterioso, sfumato, magico quasi surreale. Ne è un esempio “The soul of the river”, un’immagine che ritrae l’Adda al primo mattino, uno scatto che mi ha regalato molte soddisfazione e anche qualche interessante riconoscimento. Le nebbie, catturate con un tempo di esposizione lungo, sembrano quasi esondare, come acqua, dalle sponde del fiume, inondare la vasta piana circostante, avvolgere le forme contorte degli alberi e degli arbusti. E anche il tempo ora sembra scorrere in modo diverso, calmo, quasi pigro, scandito dal ritmo del lento e sinuoso incedere della bruma.
La ricerca della luce e delle migliori condizioni atmosferiche per rappresentare il paesaggio secondo la visione personale del fotografo è essenziale.
La pianificazione dell’uscita fotografica gioca un ruolo fondamentale per la riuscita dello scatto. Mi documento sulle locations, sui periodi migliori dell’anno per fotografare certi luoghi. In rete sono reperibili alcuni programmi gratuiti che permettono di conoscere gli orari precisi di alba e tramonto e valutare come varia la luce nell’arco della giornata e nei vari periodi dell’anno. Studio con attenzione le condizioni meteo, in particolare la copertura nuvolosa e i venti in quota. Tutto questo mi permette di aumentare le probabilità di successo, anche se variazioni locali e repentine non sono mai da escludere.
Entrando nel merito tecnico degli scatti, durante la ripresa l’uso di un solido treppiede (abbinato ad uno scatto remoto) diventa quasi indispensabile per ottenere immagini nitide e permette inoltre di concentrarsi più attentamente sugli elementi compositivi. Presto molta attenzione al punto di ripresa, al ritaglio dell’inquadratura, in modo da avere una composizione pulita ed equilibrata. Fondamentale la scelta e la cura del primo piano specie con ottiche grandangolari per enfatizzare la prospettiva. Cerco di ottimizzare la fase di scatto per avere la massima gamma dinamica e una immagine pulita, quasi priva di rumore: sensibilità impostata a 100iso, stile colori neutro, contrasto/saturazione al minimo, nessuna riduzione del rumore, salvataggio in RAW. Spesso, all’alba e tramonto sottoespongo di mezzo stop per preservare le alte luci, in altre situazioni più bilanciate espongo con istogramma a dx per catturare più informazioni. Non ricorro mai ad esposizioni multiple, preferisco riprendere la scena con un unico scatto, compensando all’occorrenza l’esposizione con filtri graduati.
Per quanto riguarda infine lo sviluppo in camera chiara, applico interventi finalizzati per lo più alla valorizzazione dello scatto. Ritengo infatti che le immagini debbano essere realizzate sul campo e non “costruite” al PC, perché lo spettacolo e le emozioni sono là fuori e ci aspettano ogni giorno!