La tormenta di neve di S. Valentino
(quando il direttore d'orchestra è Madre Natura, questo è il concerto d'inverno)
12 immagini, 12 piccoli frammenti che raccontano una storia: l’eccezionale nevicata di San Valentino avvenuta in alta Valle Antrona, la “perla selvaggia” dell’Ossola.
Lassù la neve è caduta copiosa, eccome, quasi ininterrottamente per più di 2 giorni. Nella notte tra sabato 14 febbraio e domenica 15, in poche ore si è registrato un accumulo netto di più di 100 cm di neve fresca. All’alpeggio di Cheggio, a quota 1500m, la bufera ha avvolto le caratteristiche e deliziose baitelle in legno e pietra. Una cinquantina di persone non si sono mosse in tempo e sono rimaste intrappolate nella neve e isolate per due giorni.
Da un punto di vista fotografico, un’esperienza unica, inebriante, difficile da descrivere con le parole. Come sempre, preferisco raccontarla attraverso il linguaggio e la forza espressiva delle immagini, più immediate, più comunicative ed emozionanti.
All’alba di S. Valentino, a poche ore dall’inizio della vera “big snow” sono riuscito a “rubare” qualche immagine nei pressi dell’alpeggio di Cheggio. Subito dopo però ho dovuto abbandonare velocemente la convalle per calare più in basso, verso l’abitato di Antrona per evitare l’elevato rischio valanghe.
Ore ed ore di fotografia, in completa solitudine, immerso in una Natura intatta, in condizioni di scatto talvolta quasi proibitive.
Tutto attorno una purezza, un candore accecante, un silenzio profondo, quasi assordante. Elogio della solitudine.
Il tempo passava, non più scandito dalle lancette dell’orologio e nemmeno dai cambiamenti di luce. Il paesaggio e le forme, solo qualche istante prima percepibili, diventavano indistinte, i contorni appena accennati, tra moltitudini di fiocchi battuti dal vento ghiacciato sceso dai monti, e diventavano sempre più grossi e si rincorrevano ad uno ad uno.
Tutto attorno rapidamente il paesaggio imbiancava sempre più. Gli alberi ora apparivano contorti, quasi piegati sotto il peso della neve, quasi a spezzarsi. Tutto diventava evanescente, fino quasi a sparire e a nascondersi dietro uno spesso e candido mantello bianco.
E gli spazi si perdevano via via, e il circostante cominciava a lasciare il posto all’interpretazione.
Ancora oltre, era l’immaginazione o più semplicemente, la magia dell’inverno.
Lassù la neve è caduta copiosa, eccome, quasi ininterrottamente per più di 2 giorni. Nella notte tra sabato 14 febbraio e domenica 15, in poche ore si è registrato un accumulo netto di più di 100 cm di neve fresca. All’alpeggio di Cheggio, a quota 1500m, la bufera ha avvolto le caratteristiche e deliziose baitelle in legno e pietra. Una cinquantina di persone non si sono mosse in tempo e sono rimaste intrappolate nella neve e isolate per due giorni.
Da un punto di vista fotografico, un’esperienza unica, inebriante, difficile da descrivere con le parole. Come sempre, preferisco raccontarla attraverso il linguaggio e la forza espressiva delle immagini, più immediate, più comunicative ed emozionanti.
All’alba di S. Valentino, a poche ore dall’inizio della vera “big snow” sono riuscito a “rubare” qualche immagine nei pressi dell’alpeggio di Cheggio. Subito dopo però ho dovuto abbandonare velocemente la convalle per calare più in basso, verso l’abitato di Antrona per evitare l’elevato rischio valanghe.
Ore ed ore di fotografia, in completa solitudine, immerso in una Natura intatta, in condizioni di scatto talvolta quasi proibitive.
Tutto attorno una purezza, un candore accecante, un silenzio profondo, quasi assordante. Elogio della solitudine.
Il tempo passava, non più scandito dalle lancette dell’orologio e nemmeno dai cambiamenti di luce. Il paesaggio e le forme, solo qualche istante prima percepibili, diventavano indistinte, i contorni appena accennati, tra moltitudini di fiocchi battuti dal vento ghiacciato sceso dai monti, e diventavano sempre più grossi e si rincorrevano ad uno ad uno.
Tutto attorno rapidamente il paesaggio imbiancava sempre più. Gli alberi ora apparivano contorti, quasi piegati sotto il peso della neve, quasi a spezzarsi. Tutto diventava evanescente, fino quasi a sparire e a nascondersi dietro uno spesso e candido mantello bianco.
E gli spazi si perdevano via via, e il circostante cominciava a lasciare il posto all’interpretazione.
Ancora oltre, era l’immaginazione o più semplicemente, la magia dell’inverno.